sabato 22 marzo 2014

Meno foreste e piA pascoli non frenano la fame nel mondo. Anzi.

Meno foreste e piA pascoli non frenano la fame nel mondo. Anzi.

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Anzi. mar 19Meno foreste e piA pascoli non frenano la fame nel mondo. Anzi. di Alessandro Sala Allevamento bovino in Amazzonia (Ap)

VenerdA sarA la Giornata internazionale delle foreste, un appuntamento che in tutto il mondo punta ad accendere i riflettori sull’importanza della conservazione dell’ambiente e della biodiversitA. Molte le iniziative previste per sottolineare la ricorrenza. Anche l’Enpa, l’Ente nazionale per la protezione degli animali, Avi prenderA parte e lo farA puntando il dito contro la proliferazione del cemento e degli allevamenti intensivi.

AOgni minuto il mondo perde una superficie forestale pari a ben 50 campi da calcio. Soltanto in Italia vengono consumati 8 metri quadrati di terreno al secondo a spiega l’Enpa a. Questo da la misura di quanto sia diventato preoccupante il fenomeno della perdita di biodiversitA, sacrificata in nome di interessi economici sempre piA distruttivi e pervasivi che, in Cina come in Brasile, in India come in Africa, hanno causato la devastazione di ecosistemi preziosissimi, scomparsi una volta per tutteA.

Non A solo questione di pomoni verdi che scompaiono. La deforestazione A strettamente connessa con l’urbanizzazione dei territori, con i disboscamenti finalizzati alla produzione di legname ma anche alla creazione di un numero sempre maggiore di spazi per l’allevamento intensivo. L’Enpa cita dati che parlano del 26% della superficie terrestre ormai occupato stabilmente dagli allevamenti. In Amazzonia, per esempio, l’88% dei terreni disboscati A destinato al pascolo e percentuali non molto piA basse, attorno al 70%, sono quelle che riguardano Paesi come Panama o Costa Rica. Eppure un numero maggiore di ettari destinati all’allevamento non significano un miglioramento delle condizioni alimentari su scala globale.

ASecondo dati Fao a fa notare ancora l’associazione A-, per produrre un chilo di carne occorrono piA di 16 chili di foraggi per e circa 15 mila litri di acqua; per ottenere la stessa quantitA di grano, ne servono invece appena 2 mila. In altri termini, se le risorse necessarie alla produzione di carne fossero investite per laagricoltura, probabilmente la fame sarebbe solo un ricordo, mentre oggi solo il 20% della popolazione puA nutrirsi in modo adeguatoA. Il sistema degli allevamenti intensivi A finalizzato a rifornire essenzialmente la parte ricca del pianeta, ovvero i Paesi occidentali e quelli piA ricchi delle altre aree del mondo. Ma nessun beneficio arriva alle popolazioni alle prese con la malnutrizione. E nemmeno potrebbe essere diversamente: garantire alla parte ricca del mondo la possibilitA di consumare carne a volontA e a basso costo – la logica del fast food insomma – A qualcosa che diventa possibile solo se gran parte della popolazione mondiale resta esclusa dal gioco. In caso contrario le risorse, giA oggi sempre piA precarie, sarebbero insufficienti.

L’impatto sull‘inquinamento non A meno pesante. Ogni anno gli allevamenti producono oltre 1500 miliardi di tonnellate di deiezioni, alle quali A imputabile l’emissione del 18% dei gas serra (gli autoveicoli ne producono il 14%). AA questo bisogna poi aggiungere l’impatto inquinante dei reflui zootecnici, dannosissimi per il mare e per le falde acquifere.ASe vogliamo assicurare un futuro ai nostri figli a conclude la Protezione Animali a A necessario che ciascuno si assuma le proprie responsabilitA fermando il cemento selvaggio ed abbracciando la scelta vegana o vegetariana, vantaggiosa per il pianeta e per la nostra salute. Di tempo per intervenire nA A rimasto pocoA.

 

Twitter: @lex_sala

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