giovedì 20 marzo 2014

Malinconie di cervelli in fuga

Malinconie di cervelli in fuga

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Adi Maria Teresa Manuelli

aUna volta entrati in questa cittA, che laingresso sia low cost o di lusso, non si sa bene come e quando se ne uscirA e soprattutto qual A la porta da cui saremo disposti a rientrare nel nostro Paese, se mai ci ritroveremo faccia a faccia con il viaggio di ritornoa.

A parlare A Massimo, 35 anni, emigrato in Belgio. A casa ha lasciato una famiglia, una fidanzata e nessuna prospettiva per il futuro. E soprattutto poche speranze di ritornare. Eppure, lui, come tutti i suoi amici, sogna di ritornare. Ogni giorno.

Una delle dieci storie di giovani italiani, storie di desideri di fuga alla rovescia, raccontate da Federica Gramegna, classe 1982, una laurea in Lettere Moderne a Roma e un lavoro da sogno a Bruxelles: ufficio stampa al Parlamento Europeo.AAnche lei desidera laItalia, come gli amici di cui ha raccolto le testimonianze nel suo libro daesordio Prima o poi torno (Edizioni Ensemble, Roma).

Fotografie di una nuova classe di emigrati, storie di vita di acervelli in fugaa, che vivono e lavorano nella capitale europea, che si intrecciano e che hanno un unico filo conduttore: la voglia di tornare in Italia, nonostante il atradimentoa dellaItalia, colpevole di averli lasciati partire e ancora incapace di trattenerli.

aSono arrivata Bruxelles quasi sei anni fa a racconta Federica a per uno stage presso la Library del Parlamento Europeo. Alla fine dei cinque mesi di tirocinio sono stata chiamata dalla International Federation of Journalist per un altro stage, conclusosi a luglio 2009. Rientrata in Italia, la crisi giA si stava palesando, e ho deciso di provare la carta internazionale. Ho avuto subito la fortuna di lavorare come ufficio stampa per unaintera legislaturaa.

Lei che non aveva Bruxelles come prospettiva a anzi ci dice che era laultima cittA in cui avrebbe voluto andare a e studiava per un dottorato in Italia.AaQuesta cittA ti dA prospettive inimmaginabili per un giovane in Italia, che sarebbe stupido non cogliere. Ma ti porta via tantoa. PerchA non A la tua cittA, non A la tua cultura.

E alla fine tornare A il pensiero che viene a tutti gli italiani, giovani e meno giovani, che vivono lA stabili o di passaggio. aHo voluto ribaltare laesaltazione della afuga dei talentia, tanto sbandierata in Italia. Qui non ci sono solo cervelli e talenti. Anche se Bruxelles A una cittA molto competitiva, dove quasi tutti sanno almeno quattro lingue, hanno fatto un master e ottenuto il Ph.D. Tutti questi profili altissimi sono anche delle persone. Con dei sogni e un bisogno di riportare in Italia quello che qui hanno imparatoa.

Quello che salta agli occhi, scorrendo le pagine del libro, A la grande nostalgia dei giovani connazionali che si ritrovano la sera, cucinano insieme, cantano e suonano la chitarra (come nei migliori stereotipi sul nostro Paese). E si raccontano unaItalia che non caA: laItalia che vorrebbero. aNon per illusione, ma per orgoglio nazionalea, precisa Federica.

Cosa caA ancora in Italia che spinge questi giovani di successo a sognare di tornare? In fondo a Bruxelles hanno trovato tutto: un lavoro, una carriera brillante, stipendi al di sopra della media europea, servizi per il cittadino e per le famiglie.

aDa donna, anche se A il pensiero pure di tanti ragazzi, ti rispondo daistinto che non crescerei mai i miei figli qui. In una terra senza identitA, in una cittA di immigrati per eccellenza, crocevia di stranieri passanti, di speranze, ma anche di profonde inquietudini. Qui la gente va e viene, ci resta giusto per il tempo di afare esperienzaa. Soprattutto noi che lavoriamo nelle istituzioni europee non ci integriamo con i belgi, mentre come italiani siamo lontanissimi dalle tradizioni fiamminghe. E allora cresce la frustrazione di non poter fare gli stessi lavori per la nazione che amiamoa.

Alcuni sono riusciti a tornare, pagandone il prezzo. Mario ha lasciato un lavoro da giornalista a Bruxelles e uno stipendio di parecchi zeri per rientrare in patria, perchA voleva scrivere nella propria lingua e contribuire alla crescita della sua nazione.

Paolo, ex bocconiano, dopo sette anni in Parlamento e poi in Commissione europea, per gli stessi motivi ha scelto di sacrificare i suoi tanti privilegi e insegnare in UniversitA a Milano, con la prospettiva di dover ricominciare da zero. Eppure non hanno rimpianti.

aVolete davvero che vi dica cosa ci spinge a tornare indietro? La bellezza, la nostalgia della grande bellezza dellaItalia ci riporta indietro. Da italiani siamo abituati a camminare immersi nella bellezza e questo ci manca piA di tuttoa.

twitter@MT_Manuelli

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